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Luca Eberle

Spiagge: ecosistemi di sabbia, vento e sale

Aggiornamento: 10 ott 2022


Siamo abituati a pensare alle spiagge come luoghi ricreativi, deputati alla vacanza e al relax, privi di qualsiasi interesse di tipo naturalistico. Un pensiero più che comprensibile, considerata la forma assunta da queste nei lidi più famosi della nostra penisola, i più frequentati dal grande turismo balneare.


Le spiagge naturali, tuttavia, hanno veramente poco a che vedere con l’immaginario comune che prevede questi luoghi come una piatta distesa di sdraio e ombrelloni.



Ripresa aerea delle dune di Piscinas, in Sardegna. In quest'area è presente una delle spiagge più famose e conservate del nostro paese.


5 mm, 1/100 s, f 2.8, ISO 100



Se volessimo provare ad immaginare una spiaggia integra, senza alcuna influenza antropica, non dovremmo pensare ad un ambiente piatto e bidimensionale, quanto a qualcosa che si sviluppa su più livelli e che evolve, nello spazio e nel tempo.


Dalla battigia alle aree retrodunali si articolano infatti una moltitudine di habitat soggetti a pressioni e condizioni ambientali che agiscono con intensità diverse e che, plasmando fauna e flora, danno vita ad ecosistemi unici e affascinanti.



Scorcio "zenitale" della Spiaggia di Piscinas realizzato con un drone. Sulla sinistra, un piccolo affluente si ferma in superficie a poche decine di metri dal mare.


5 mm, 1/500 s, f 2.8, ISO 100



Sono infatti il substrato arido e mobile, il tenore salino dell’acqua, la forte insolazione estiva, l’elevata ventosità e l’azione del moto ondoso che influiscono sulla vita delle spiagge e delle dune sabbiose, agendo in modo diverso in funzione della distanza dal mare.


La spiaggia emersa ha inizio sulla battigia, conosciuto comunemente come "bagnasciuga", che si presenta spoglio e quasi del tutto privo di vegetazione. In quest’area si hanno infatti condizioni ambientali proibitive a causa della costante azione delle onde, del sale e del vento.



Le onde carezzano la sabbia della Feniglia al tramonto, in Toscana. Fotografia realizzata con un'ottica "fisheye".


10 mm, 1/60 s, f 10, ISO 200



Nonostante questo, già a questo livello, è presente il primo nodo di scambi trofici: resti organici di origine marina vengono spiaggiati sul litorale (piccoli molluschi, alghe e piante come la posidonia) costituendo una delle fonti primarie di risorse dell’intero ecosistema.


Proprio intorno a questi resti organici si sviluppa una fauna rappresentata soprattutto da animali scavatori, specialmente piccoli invertebrati sabulicoli, o da animali dalla grande vagilità che possono spostarsi in caso di condizioni avverse: uccelli, insetti volatori o specie marine che risalgono nelle pozze di marea.



Silhouette di una pantana (Tringa nebularia) al tramonto, Manga del Mar Menor, Spagna.


440 mm, 1/1000 s, f 8, ISO 250



Un cavaliere d'Italia sulla battigia nel Parco Nazionale dell'Albufera, Valencia.

480 mm, 1/1000 s, f 6.3, ISO 125



Anche quest’ultime, soggette a repentini variazioni delle condizioni ambientali, creano nicchie ecologiche per specie con adattamenti estremi ma che mantengono un profilo basso e spesso poco appariscente.



Un favollo (Eriphia verrucosa) rinvenuto sugli scogli di Cabo de Palos, in Spagna. Tutto intorno sono presenti cirripedi sessili, conosciuti come “balani”. Questi crostacei “non tradizionali” si possono rinvenire su diversi substrati: scogli, scafi di barche e, non così di rado, anche sui cetacei.


10 mm, 1/60 s, f 18, ISO 500



Soltanto al di sopra del livello massimo di marea si iniziano ad osservare i primi rappresentanti del mondo vegetale.



Erba medica marina (Medicago marina), ritratta sulle dune embrionali del Parco Nazionale dell'Albufera, Valencia.


10 mm, 1/250 s, f 10, ISO 100



Le piante di questi ambienti svolgono una funzione importantissima in quanto, con l’azione di radici, fusto e foglie, contribuiscono alla formazione e alla stabilizzazione della duna, oltre a formare una “barriera verde" che protegge la vegetazione retrostante che non è adattata a tollerare le condizioni estreme degli ambienti costieri.


Con il termine “duna” si definisce quel settore litoraneo più arretrato rispetto alla battigia, caratterizzato da rilievi di modesta entità (in Italia massimo una dozzina di metri, salvo qualche eccezione in Sardegna) formati dall’azione del vento e dalla presenza di una vegetazione in grado di compattarne gli strati più superficiali.



Le dune sabbiose litoranee differiscono dalla maggior parte delle dune mobili degli entroterra per la presenza di vegetazione costiera che, tramite un effetto siepe, ne blocca più o meno efficacemente l’ avanzata verso l’entroterra.


10 mm, 1/50 s, f 13, ISO 250



Una volta costituita la duna, la vegetazione psammofila (piante amanti e adatte ad ambienti sabbiosi) raggiunge uno stadio di maturità e la copertura vegetale sale fino al 70%, con alte percentuali di endemismi. Inizia a questo punto ad essere molto più presente la componente faunistica.



La vegetazione delle spiagge non si forma dalla differenziazione di quella continentale, ha bensì origine in aree lontane, anche al di fuori del Mediterraneo.


11 mm, 1/200 s, f 10, ISO 100



Sulle dune fanno da padroni gli invertebrati che, viste le simili condizioni ambientali, presentano forme e adattamenti che ricordando le specie di ambienti desertici. Uno di questi è lo sviluppo marcato di attività fossorie come lo scavo di gallerie e di strutture atte alla cattura delle prede.



Imbuto caratteristico delle larve di formicaleone (Myrmeleontidae). L'insetto, sepolto alla base dell'imbuto, cattura gli invertebrati che vi finiscono all'interno con il suo sviluppato apparato boccale.


68 mm, 1/100 s, f 4.5, ISO 800


Ci sono poi strategie atte a minimizzare il contatto con i substrati più caldi, come lo sviluppo di arti sottili e allungati e della capacità di volo veloce e radente per contrastare l’influenza dei venti marini, caratteristiche tipiche di odonati e ortotteri.



Una cavalletta delle sabbie (Sphingonotus candidus) ritratta al mattino tra le dune. La livrea criptica garantisce all'animale di non essere facilmente identificata e i voli rapidi gli permettono di raggiungere velocemente aree di rifugio.

90 mm, 1/500 s, f 5, ISO 100



Un’altra strategia adattativa particolarmente diffusa è il criptismo, ovvero la capacità di certe specie di assumere colorazioni che le rendano poco visibili su alcuni substrati, come nei ragni del genere Arctosa.


Arctosa cinerea, una specie tipica di spiagge sassose, sia fluviali che marine. Sui litorali sabbiosi è maggiormente diffusa Arctosa perita, dalle minori dimensioni e una livrea più chiara.


90 mm, 1/500 s, f 8, ISO 800


Interessante poi è lo stretto legame di alcuni lepidotteri con specie vegetali tipiche di questi ambienti: è il caso di Brithys crini, falena il cui bruco cresce e si alimenta fino alla metamorfosi sul giglio di mare (Pancratium maritimum), una pianta minacciata dalle attività umane e dall'introduzione di specie invasive.



Larva di Brithys crini ritratta sulle foglie di un giglio di mare, sua pianta nutrice.


13 mm, 1/250 s, f 25, ISO 320



Il giglio di mare si presenta come una splendida pianta dalle foglie nastriformi e fiori bianchi simili a quelli di un narciso, candidi come la neve. I bulbi, sepolti a 40 cm sotto la sabbia, sono un’importante riserva d’acqua in un ambiente dove questa è tutt’altro che scontata, garantendo al giglio di mare l’idratazione almeno fino alla fioritura, che si verifica tra luglio e ottobre.


10 mm, 1/250 s, f 22, ISO 100



Alla prima fascia di dune embrionali e dune mobili seguono quelle delle fasce più interne, definite dune consolidate. La copertura del suolo è più ampia che nelle fasi precedenti, grazie alla presenza di specie di piccole dimensioni. Qui, la deposizione di sabbia portata dal vento è quasi completamente cessata e anche i processi erosivi sono ridotti. Possono comparire a questo punto alcune piante legnose che, generalmente, rimangono di piccole dimensioni.



Vegetazione legnosa sulla sommità delle dune di Piscinas, in Sardegna. Tra i rami si scorge la sagoma di un piccolo passeriforme.


10 mm, 1/400 s, f 8, ISO 640



La vegetazione dei litorali sabbiosi raggiunge la forma più complessa nella fascia di transizione con l’ambiente continentale quando la superficie viene occupata in modo consistente da specie legnose che, nel momento in cui le condizioni saranno favorevoli, verranno sostituite da boschi d’alto fusto.


Una formazione di questo tipo è la pineta che, però, non rappresenta la vegetazione naturale potenziale in quanto spesso impiantata o perlomeno mantenuta dall’uomo. In questo contesto sarà maggiore la presenza di grandi mammiferi come volpe, cinghiale, daino e anche qualche lupo di passaggio.

È chiaro a questo punto che gli ecosistemi litoranei siano ben più complessi di quello che si può immaginare e che, propio per le particolari condizioni a cui sono sottoposti, rappresentano ambienti unici e non paragonabili a nient’altro sul continente.


Dune e spiagge sabbiose sono però anche realtà fragili che spesso risentono delle attività umane, anche quelle apparentemente meno invasive.



Tracce di passaggio di persone e animali sulle dune di Piscinas, Sardegna.

5 mm, 1/80 s, f 2.8, ISO 100



È infatti il “semplice” calpestio uno dei nemici principali della vegetazione delle dune, spesso provocato dai numerosi turisti e bagnanti dove i limiti della spiaggia adibita al publico non vengono rispettati.

L’inurbamento di molte aree litoranee poi, oltre ad abbattere la biodiversità vegetale (e con essa la duna stessa), è causa di un forte disturbo per quelle specie già elusive sulle spiagge.



La maggior parte dei vertebrati che frequenta le spiagge e le dune è costituita da elementi eurieci e ad ampia distribuzione che compaiono occasionalmente in questi habitat durante le loro attività di pattugliamento. In foto una volpe sarda (Vulpes vulpes ichnusae), tipico ospite occasionale delle spiagge.


310 mm, 1/250 s, f 5.6, ISO 6400



Calpestio e inurbamento trovano poi un punto d’incontro dove interi lidi vengono dedicati non solo alla balneazione, ma anche all’organizzazione di eventi con luci e musica, inserendo anche queste due variabili nell’equazione del disturbo ambientale delle spiagge.

Se infatti la musica ad alto volume influisce in modo non indifferente sui livelli di stress di animali della duna come uccelli e mammiferi, l’inquinamento luminoso può influire sulle capacità di orientamento di giovani rettili (come tartarughe marine) e renderli inoltre più visibili ai predatori.


Sono però le fasi di preparazione degli eventi stessi che maggiormente impattano sulla biodiversità delle spiagge italiane: prime fra tutte sono le attività di spianamento con mezzi motorizzati che annullano la “tridimensionalità” della duna ed elevano il problema del calpestio all’ennesima potenza, andando quindi a destrutturare un intero ecosistema.


Emblematico è il caso del Jova Beach Party, il tour del cantautore Jovanotti che si svolge da qualche anno sulle spiagge italiane e che, nonostante conti sul sostegno di enti e personalità legate all’ambiente e alla conservazione, ha impattato moltissimo su alcune aree protette e non. Casi eclatanti di quest’anno (e non solo) sono quelli di Marina di Cerveteri, Viareggio e Fermo.



Un giglio di mare ritratto in un'area dunale ridotta ma ben conservata, poco lontano da grandi complessi abitativi. La fecondazione del fiore avviene attraverso insetti impollinatori (falene della famiglia degli Sphingidae) che, una volta ultimata, formerà un frutto di forma globosa con all’interno dei semi simili a pezzetti di carbone.


10 mm, 0.6 s, f 13, ISO 3200



Quest'anno più degli altri, però, sono state molte le voci che si sono alzate in difesa delle spiagge: enti, associazioni, parchi e divulgatori, si sono infatti impegnati nel condividere e raccontare dagli aspetti macroscopici a quelli più intimi delle spiagge, con il fine di coinvolgere il più possibile anche i "non addetti ai lavori" in quella che è l'importante necessità di conservare questi ambienti tanto fragili quanto straordinari e il cui destino è tutt'altro che scontato.



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